martedì 25 ottobre 2011

Prima Guerra punica: dal mare delle Egadi tornano i resti dello scontro decisivo del 241 a.C.

 La notizia è di qualche giorno fa, risale intorno al 10 Ottobre ed è molto interessante: 
sono stati recuperati i caschi dei legionari e rostri delle navi romane della battaglia navale delle isole Egadi che si svolse al largo di Trapani nel 241 a.C, nella quale i romani sconfissero i cartaginesi, concludenndo vittoriosamente la Prima Guerra Punica.

 La spedizione che ha recuperato i preziosi oggetti è tutta italiana, infatti nelle ultime settimane lo studio coordinato dalla Soprintendenza del Mare della Sicilia e due subacquei, Gian Michele Iaria e Stefano Ruia, ha portato all'individuazione dell'area e infine al recupero dei reperti.

Come si potrà leggere nel prossimo numero di FOCUS (‘Focus’, il mensile Gruner+Jahr/Mondadori diretto da Sandro Boeri)   , Stefano Ruia spiega alcuni dettagli del ritrovamento: “Ne abbiamo visti spuntare due, poi, in un’area di soli 200 metri quadrati, a 75 metri di profondita’, c’erano altri 10 elmi”, “Si capiva che erano romani per la caratteristica punta a ‘pigna’. Non molto distante -aggiunge Ruia- abbiamo rinvenuto un rostro romano, probabilmente della nave su cui erano imbarcati i soldati che portavano quegli elmi”.







Sempre nell'articolo di Focus si possono leggere alcune dichiarazioni di Sebastiano Tusa, Sovrintendente del Mare di Sicilia:

 
 «La nostra ricerca ha avuto origine alcuni anni fa, quando un subacqueo recentemente scomparso, Vincenzo Paladino, mi raccontò del ritrovamento di circa 300 ceppi di ancore allineati lungo un fondale della costa orientale dell’isola di Levanzo» spiega Tusa.
«Consultammo gli scritti dello storico greco Polibio, che, a distanza di circa 70 anni, aveva ricostruito la battaglia nelle sue Storie: aveva raccontato come i Romani, guidati dal console Gaio Lutazio Catulo, attaccarono di sorpresa i Cartaginesi.

Avevano teso un agguato nascondendosi dietro un promontorio di Levanzo e per la fretta di andare all’attacco avevano tagliato le cime delle ancore: proprio quelle ritrovate da Paladino».
 Le fornti storiche riportano che la flotta cartaginese composta da 700 navi doveva rifornire ed essere di sostegno  alle truppe di terra di stanza sul monte Erice, guidate da Amilcare Barca.


«La Prima guerra punica» continua Tusa «come la Prima guerra mondiale, si stava trascinando da anni con scontri terrestri di posizione, sulle colline fra Trapani e Palermo, dove si avanzava solo di pochi chilometri. I Cartaginesi avevano allora armato una grande flotta, al comando dell’ammiraglio Annone, per portare altri rinforzi e farla finita».
 
La sconfitta di Tunisi e sfortunati naufragi come quello di Camarina (255 a.C), non fermarono i Romani che avevano armato 200 veloci quinqueremi grazie ad una sottoscrizione di cittadini.
Annone (comandante cartaginese) fece scalo per alcuni giorni nell'antica Hiera ( Marettimo), nelle Egadi. Il 10 marzo del 241 visto il vento favorevole (vento da ponente), Annone diede l'ordine di salpare per puntare le coste della Sicilia. I Romani, ben informati sui movimenti del comandante cartaginese, fecero arrivare dai prodi di Lilibeo ( Marsala) e di Favignana 350 navi.


I Romani apettarono pazientemente dietro la punta di Capogrosso (estremità settentrionale di Levanzo) pronti all'agguato.


Capo Grosso.


I  Cartaginesi quando li videro era già troppo tardi, anche se le navi romane erano in inferiorità numerica erano meglio armate e più veloci. Le navi romane puntarono contro quelle cartaginesi  e l'attacco fu micidiale: alcune navi romani ruppero i rostri nelle fiancate delle imbarcazioni cartaginesi affondandole, altre si affiancarono alle navi nemiche rompendo tutti i remi di un lato, impedendo così ogni movimento, rendendole ingovernabili; la mossa successiva fu assaltare con il "corvo", una passerella arpionante su cui salivano i fanti. Tutto questo sotto il fuoco delle catapulte che lanciavano anfore incendiarie.



Se l'ultimo ritrovameno è stato fatto da un team italiano non si può dire lo stesso dei fondi stanziati, infatti le ricerche vanno avanti grazie ad un contributo Usa.

Le ricerche subacquee, coordinate oltre che da Tusa da Stefano Zangara, dell’Ufficio progettazione delle ricerche in alto fondale della Soprintendenza del Mare della Regione Sicilia, sono iniziate nel 2006 con il determinante contributo della Rpm Nautical Foundation, una fondazione statunitense che ha messo a disposizione la nave Hercules, dotata delle più moderne strumentazioni per la ricerca subacquea.

Queste ricerche hanno portato alla luce: 6 rostri di navi affondate (di cui due sono cartaginesi, e uno reca la scritta in punico: “Possa Baal (principale divinità cartaginese) fare penetrare questo oggetto nella nave nemica” e quattro rostri sono invece romani: portano iscrizioni latine che ne certificano la qualità).




 
La fine dello scontro vide il fallimento della spedizione cartaginese, il comandante Barca, privo di rifornimenti, consegnò ai Romani i domini cartaginesi in Sicilia. Annone, l’ammiraglio cartaginese perdente, fu giustiziato in patria per la sconfitta.
Onori e tributi  ricevette l'ammiraglio Lutazio, quando tornò a Roma. Inoltre costruì, a memoria dei posteri, un tempio i cui resti sono visibili tuttora a Roma in largo Argentina, di fronte al Teatro Valle.



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